Consorzio Tutela Lugana D.O.C.

Consorzio tutela prodotto tipico

Parco Catullo 4 37019 Peschiera del Garda

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DESCRIZIONE
CONSORZIO TUTELA: FUNZIONI E ATTIVITÀ
ORIGINI STORICHE
IL TERROIR DEL LUGANA: SUOLO, MICROCLIMA, VITIGNO
IL LUGANA: TIPOLOGIE, STILI, LONGEVITÀ
LA ZONA DEL LUGANA
UNA VOCAZIONE INTERNAZIONALE
FOLKLORE & LIFE STYLE
FOOD, GLI ABBINAMENTI DEL LUGANA
  • Racchiusa nel magico quadrilatero gardesano che ha nei comuni di Sirmione e Pozzolengo i propri apici verticali, e in Desenzano e Peschiera del Garda quelli orizzontali (il quinto comune è rappresentato da Lonato del Garda), la denominazione Lugana si sviluppa lungo la piana morenica a sud del lago di Garda, a cavallo di due province (Brescia e Verona) e di due regioni (Lombardia e Veneto).

    Raffinato bianco lacustre, il Lugana ha natali illustri (la sua origine è certificata fin dal Settecento, ma la tradizione viticola di queste terre risale quantomeno ai Romani); si avvale del benefico microclima temperato del lago; nasce da terreni argillosi; proviene da una particolare varietà locale chiamata “turbiana” che ne garantisce struttura e buona longevità. Profuma di fiori di campo e agrumi ed è oggi uno dei vini italiani di maggior successo.
  • Nato nel 1990 come istituto di vigilanza, difesa e promozione, il Consorzio per la Tutela del Lugana svolge una sistematica e intensa attività di tutela e valorizzazione della denominazione di origine.

    Il Consorzio di Tutela si fa inoltre promotore della comunicazione e valorizzazione del marchio Lugana attraverso la partecipazione alle più importanti fiere nazionali e internazionali e l’organizzazione di eventi volti a far meglio conoscere l’immagine e la qualità del Lugana.

    Il Consorzio è inoltre preposto alla salvaguardia del Lugana dalla concorrenza sleale e dalle oscillazioni di mercato. A tale proposito, il Consorzio ha da tempo intrapreso una battaglia contro la tentazione, in un periodo di crisi come quello che sta attanagliando il mondo contemporaneo, dei “prezzi al ribasso”, che minano la qualità del prodotto e sviliscono l’immagine della denominazione.

    Nata nel 1967, la denominazione di origine controllata “Lugana” è la prima riconosciuta in Lombardia e una delle primissime in Italia, a testimonianza del legame storico e inscindibile tra questo bianco e il suo territorio.
  • Passando in mezzo a uno dei luoghi turistici più belli del nord Italia – un crocevia di vigneti e uliveti, di cantine e residence, di colori luminosi, fragranze e sapori – si stenterebbe oggi a credere che l’antica “Lucana” (il cui etimo potrebbe derivare proprio dal latino lucus, bosco) fosse anticamente un luogo selvaggio e acquitrinoso, una boscaglia paludosa che solo un alacre lavoro secolare di disboscamento, certificato a partire dal Quattrocento, avrebbe provveduto a bonificare.

    Le testimonianze storiche sull’origine della vite nella Lugana si perdono indietro nel tempo. Ci sono i famosi vinaccioli di Vitis silvestris ritrovati presso le palafitte di Peschiera del Garda che risalgono all’Età del Bronzo.

    Ci sono le tradizioni leggendarie riferite al celebre poeta Catullo e al re ostrogoto Teodato, cui si sono aggiunte nel tempo una messe considerevole di citazioni storico-letterarie, a partire dalle «bellissime uve» che Isabella d’Este Gonzaga assaggiò presso i ruderi della villa romana di Sirmione durante il suo viaggio verso il Garda.

    Ma è solo con gli «squisiti Trebulani» cantati nel De naturali vinorum historia (1595) dal citatissimo Andrea Bacci e con il vino «gagliardo e soave» dell’ancora «fangosa Lugana» descritto da Ottavio Rossi nelle sue Memorie bresciane (1693) che il bianco di queste terre comincia a ottenere le sue prime, specifiche menzioni storiche.

    Ai primi del Novecento, le parole di don Giuseppe Lenotti riportate nel suo Cenni storici e statistici di Pozzolengo fotografano mirabilmente lo scenario del Lugana contemporaneo: «l’antica selva Lugana, attualmente, è una fertile pianura coltivata quasi tutta a viti e che produce un vino bianco di ottima qualità e di gran pregio anche in commercio».
  • È infatti pianura quella che si estende per la maggior parte degli ettari vitati della denominazione. Ed è una pianura nobile, contraddistinta da fertili suoli di matrice argillosa. Sono argille stratificate di origine morenica e di natura sedimentaria, prevalentemente calcaree, ricche di sali minerali, dal carattere difficile: compatte, dure e inviolabili quando c’è siccità, molli e fangose con la pioggia. Ma sono proprio queste argille, che nella fascia più collinare della Doc si fanno via via più sabbiose, le depositarie del patrimonio organolettico del Lugana: corpo e calore, acidità e sapidità nell’ossatura strutturale del vino; profumi vigorosi, netti, tra la mandorla e l’agrume, nel corredo aromatico.

    Nella Lugana il microclima, influenzato positivamente dalle temperate brezze del Lago di Garda, è ideale per la mitezza e la scarsa incidenza delle escursioni termiche tra il giorno e la notte. Una “culla climatica” perfetta per accudire e valorizzare le peculiarità di un’uva particolare come la turbiana.

    Parente stretto del trebbiano di Soave (e citato come tale nel disciplinare di produzione), vitigno geograficamente non lontano, che però dimora in un altro tipo di habitat (vecchie pergole su colline vulcaniche), la Turbiana è stata per lungo tempo apparentata, da molti addirittura confusa, con il verdicchio dei Castelli di Jesi, mentre se ne distanzia, stando ai risultati degli ultimi studi in materia, per caratteri aromatici propri. Affine al Verdicchio in termini genetici, la Turbiana se ne differenzierebbe infatti dal punto di vista fenologico, agronomico ed enologico. E si capisce il perché: il Trebbiano, il vitigno più coltivato in Italia (entra in un’ottantina di denominazioni) e il più produttivo al mondo (è resistente alle malattie e generoso nelle rese) è universalmente conosciuto per la sua “anemia” organolettica, conferendo ai bianchi uno stile leggero, acidulo, di scarsa complessità. Insomma un bianco “neutro”, soprattutto a livello aromatico, poco in linea non solo con il gusto moderno, che privilegia l’aspetto della fragranza, ma anche con le caratteristiche più intime e personali della Turbiana, che se interpretata con rese non eccessive e con mano sensibile è in grado di diventare un bianco profumato, sottile e saporito.

    La Turbiana ha grappolo medio, compatto, di forma piramidale allungata; acino sferoidale; buccia spessa, mediamente pruinosa (la pruina è quella sorta di effetto “infarinatura”, o patina bianca, che si vede sul grappolo durante la fase di maturazione); polpa succosa, sciolta, lievemente acidula, dal sapore neutro. È sensibile al marciume, ad oidio e peronospora, ed è in grado di esprimersi con versatilità sia nelle versioni classiche in bianco che in quelle spumantizzate.

    Un vitigno nobile e antico in grado di produrre un bianco ricco di sfumature e personalità.
  • Se il disciplinare di produzione prevede la presenza di vitigni complementari a bacca bianca, purché non aromatici, per una quota del 10%, oggi i produttori della zona tendono a vinificare in purezza il Lugana esclusivamente con uve Turbiana. Un atto dovuto a un vitigno che ha dimostrato di avere in questo terroir risorse insperate per una varietà di Trebbiano. L’attuale disciplinare di produzione prevede ben cinque tipologie di Lugana: la versione “Base”, il Superiore, la Riserva, la Vendemmia Tardiva e lo Spumante.

    Il Lugana “Base” è il motore produttivo di tutta la denominazione, il suo mattone fondamentale, l’ago qualitativo della zona: il suo volano produttivo copre quasi il 90% della Doc. Presenta un colore giallo paglierino tenue con riflessi verdognoli; i profumi, delicati, quasi accennati, offrono sensazioni floreali miste a note di mandorla; il gusto è garbato, stilizzato, definito, teso e gustoso.

    Introdotto nel disciplinare di produzione a partire dal 1998, il Lugana Superiore, che per definirsi tale in etichetta deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento o affinamento di almeno un anno a partire dalla vendemmia, presenta un profilo più variegato e complesso: il colore ha riflessi più dorati; i profumi, più articolati, offrono sentori di erbe di campo, di clorofilla, di mela matura, di agrume (mandarino in primis), uniti a note di nocciola o spezie con il passaggio nel legno (oggi sempre meno nuovo e tostato, e più grande in capacità); il palato, di maggior struttura, è sorretto da un’acidità viva e tonica, ed è attraversato da una sapidità di matrice minerale che sa conferire intriganti sfumature “salate” al vino.

    Il Lugana Riserva, introdotto nel disciplinare di produzione con l’ultima modifica del 2011, è la naturale evoluzione della tipologia Superiore: deve invecchiare o affinarsi per almeno 24 mesi, di cui 6 in bottiglia, ha toni cromatici più accesi, profumi più evoluti e complessi, con note affumicate di pietra focaia e riflessi balsamici, una mineralità più calda al palato, ma parimenti avvolgente, sapida e persistente.

    La longevità di queste versioni “secche” e “ferme” varia da tipologia a tipologia, ma anche da stile a stile: oggi che la produzione è sempre più orientata a vinificazioni in acciaio e “sur lie” (soste prolungate del vino sui propri lieviti per aumentarne corpo e sapore), nonché ad affinamenti misti (parte in acciaio e parte in legno) per le selezioni più importanti (siano esse Superiore o Riserva), il Lugana si scopre ancora più longevo rispetto al precedente passato. La versione “base” può così rimanere in cantina anche per due-tre anni mentre le versioni Superiore e Riserva hanno una potenzialità evolutiva che può tranquillamente dipanarsi lungo una decina d’anni.

    La novità è senz’altro rappresentata dal Vendemmia Tardiva, un Lugana diverso, più “sperimentale”, lontano però dalla dolce viscosità di un passito tradizionale. Questo Lugana viene infatti ottenuto con una “surmaturazione” in pianta attraverso una raccolta tardiva delle uve tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, senza ulteriori appassimenti in fruttaio. Queste uve più ricche e concentrate conferiscono al Lugana un profilo tendenzialmente “tardivo”, quindi più morbido e denso, ma non eccessivamente dolce, dove il residuo zuccherino viene efficacemente bilanciato dall’acidità sul modello delle Vendange Tardive alsaziane o delle Spätlese tedesche.

    La versione Spumante, introdotta nel disciplinare di produzione a partire dal 1975, rappresenta invece, al di là dell’esiguità dei numeri produttivi, una tradizione consolidata. Si narra infatti, anzi lo racconta Camillo Pelizzari nel suo fondamentale La Lugana e il suo vino (1942), che sul finire dell’Ottocento un gruppo d’industriali della Champagne, in visita a San Martino della Battaglia, tentarono senza grande successo (a causa della scarsa produzione) d’investire sulla spumantizzazione del Lugana, volendo addirittura creare a Rivoltella una cantina per la produzione di uno spumante a metodo classico sul modello della Champagne.

    Oggi il Lugana Spumante è prodotto sia con il metodo Charmat o Martinotti (presa di spuma in autoclave) sia con il metodo classico (rifermentazione in bottiglia). Nel primo caso il quadro organolettico è improntato a una maggior semplicità e freschezza, con profumi primari di agrume (cedro in primis) e un perlage più cremoso e generoso, mentre nel secondo il profilo diventa più raffinato e complesso, con un bouquet più elegante e dinamico, e un perlage più aggraziato e “croccante”.
  • Il Lugana, come scrisse con acutezza Zeffiro Bocci, è «bifronte», nel senso che ha una doppia appartenenza regionale: da una parte è infatti lombardo, ma dall’altra è anche veneto.

    “Lombardo-veneto”, insomma, senza che questa espressione abbia diretti riferimenti all’Impero asburgico della Restaurazione post-napoleonica ... Non è solo una questione di accenti locali o di divisioni politico-territoriali. C’è anche un curioso bilanciamento di forze in campo. La parte lombarda della denominazione vede infatti una predominanza quantitativa sia in fatto di comuni (ben quattro su cinque – Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato del Garda – ricadono infatti nella provincia di Brescia) sia in termini di ettari vitati (ben 1200 dei 1500 attuali sono coltivati nel Bresciano), ma quella veneta, che annovera il solo comune di Peschiera del Garda, detiene il primato del volume commerciale, visto che il 60% dell’imbottigliato (circa 15 milioni di pezzi all’anno) è gestito da produttori veronesi.

    La particolarità è che tutti i comuni del Lugana ricadono sotto la diocesi di Verona: il vescovo veronese ha infatti giurisdizione anche sulle parrocchie bresciane di Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Lonato.

    Non a caso, Angela Merici è bresciana di origine (nacque a Desenzano nel 1474, quando il comune apparteneva alla Repubblica di Venezia), ma santa della chiesa di Verona.

    Al di là della topografia comunale, il territorio del Lugana è, dal punto di vista vitivinicolo, diviso sostanzialmente in due zone.

    La prima, più ampia, quella delle argille più coriacee, è di natura pianeggiante e si estende orizzontalmente lungo l’entroterra compreso tra Desenzano, Sirmione, una parte del comune di Pozzolengo e Peschiera. È questo il cuore pulsante della denominazione, che tra Rovizza e Lugana, frazioni depositarie dello stile più “lacustre” e minerale del Lugana, trova le sue zone storiche ed elettive, anche se nel tempo l’estensione del vigneto ha dovuto qui fare i conti con le esigenze del mattone per il business turistico.

    Nella parte veneta del Lugana, quella più orientale, c’è come detto il riferimento di un solo comune, Peschiera del Garda, che però contempla al suo interno una delle sottozone più interessanti, quella di San Benedetto di Lugana, vero e proprio “cru” della denominazione.

    La seconda zona, di natura più collinare, si allunga dalla celebre Torre Monumentale di San Martino della Battaglia lungo una duplice direttrice: da un lato verso Pozzolengo e dall’altro verso Lonato. Qui le argille si fanno più sabbiose; i rilievi più ondulati e dolci, con altitudini che non superano i 130 metri; i terreni più morenici (soprattutto verso Lonato), con buona presenza di elementi ghiaiosi; i vini meno minerali, più acidi e voluminosi.
  • Da sempre identificato con una delle riviere più belle del mondo, quella del lago di Garda, il Lugana è riuscito a tradurre questo considerevole appeal turistico in una lungimirante e consistente attività di esportazione, dapprima penetrando in quei mercati (primo fra tutti la Germania) che, proprio grazie al turismo, hanno da sempre frequentato il magico mondo di Desenzano, Sirmione e Peschiera, e poi riuscendo a estendere la sua rete di vendita – anche grazie all’instancabile lavoro dei produttori/imprenditori della zona, spesso presenti nelle principali manifestazioni fieristiche internazionali –  in paesi più lontani, come quelli del sud-est asiatico (Cina e Giappone), senza dubbio meno legati al territorio d’origine.

    Oggi il Lugana – soprattutto con la versione “base” (Spumante, Superiore, Riserva e Vendemmia Tardiva rappresentano infatti solo il 10% del volano complessivo) – destina all’estero il 70% della propria produzione, ed è in assoluto il vino più esportato della Lombardia.

    Il successo di questa vocazione internazionale è tutta nella qualità di un prodotto unico, raffinato e moderno, immediato e complesso, il cui ottimo rapporto qualità/prezzo è in grado di fidelizzare il consumatore a tutti le latitudini del pianeta.

  • “Ubi Lugana ibi gaudium magnum”. È il motto latino affisso sullo stemma del Gran Priorato: dove c’è Lugana, c’è grande gioia. Il Gran Priorato è una confraternita fondata nel 1980 con lo scopo di tessere le lodi del Lugana. Se ne diventa “novi priori” con un cerimoniale d’iniziazione che prevede la chiamata del candidato da parte del Maestro delle Cerimonie e la consegna delle insegne per opera del Gran Priore, che appoggia sulla spalla del novizio un pastorale ricavato da un ramo di vite intrecciato con una frasca d’ulivo, mentre il nuovo sodale sorseggia un calice di Lugana.

    La “Stella del Garda” è invece un concorso enologico di lunga tradizione: è stato infatti fondato nel 1966. Suo simbolico vessillo è una stella a cinque punte che reca su ognuna i nomi dei cinque comuni dove si produce il Lugana, e che a turno si alternano per ospitare annualmente l’elezione del miglior Lugana della stagione.


    Il mondo della Lugana non è rappresentato solamente dal folklore dei miracoli e delle confraternite. Ci sono eventi e memorie che si rifanno al mondo dell’arte, della cultura e del bien vivre.

    Il territorio è diventato ad esempio punto di passaggio della celebre 1000 Miglia, la «corsa più bella del mondo», come la definì Enzo Ferrari, evento glamour di risonanza internazionale.

    È qui ancora vivo il mito della grande Maria Callas, soprano statunitense di origine greche, che a Sirmione arrivò nel 1952, vivendo nella villa del marito Giovan Battista Meneghini: ancora oggi stuoli di melomani sfilano davanti ai suoi cancelli.


  • Come tutti i vini italiani legati al territorio d’origine da tradizioni secolari, anche il Lugana trova i suoi matrimoni d’amore con il repertorio gastronomico classico della zona. Che qui, manco a dirlo, sono naturalmente le pietanze a base di pesce d’acqua dolce: di lago, di fiume o di fosso, nobile o povero che sia.

    Ma anche il pesce più conosciuto, quello del mare, si abbina felicemente a questo bianco raffinato e versatile. Così la versione “base” si sposa molto bene con gli antipasti di pesce, la frittura dei pessìn (i pescetti o pesciolini delle risaie), il branzino bollito, i gamberetti lessi e il carpione.

    Il Superiore e la Riserva convolano letteralmente a nozze con piatti più grassi e complessi, come il luccio in salsa (luccio lessato con acciughe soffritte nell’olio, del Garda s’intende), l’anguilla ai ferri, la trota all’uva, il risotto con le rane, ma anche i crostacei alla griglia, l’impepata di cozze, il branzino al sale, e alcune preparazioni a base di carni bianche quali gallina, cappone e coniglio (ideale quello al forno).

    La Vendemmia Tardiva vede come abbinamenti ideali i formaggi, da quelli più freschi come la ricotta, la robiola e la crescenza, a quelli più salati e saporiti, come alcuni squisiti Dop quali il Monte Veronese, il Grana Padano e il Provolone Valpadana.

    Lo Spumante ha un ventaglio plurimo di possibilità, essendo le “bollicine” un vino da tutto pasto. Venendo però gli spumanti generalmente stappati all’inizio di un pranzo o di una cena, provateli con ogni tipo di antipasto, spaziando dalla gustosa costellazione dei salumi nostrani a tutte le preparazioni a base di uova.

    Evitate invece di servirli con il dessert.

    La versatilità di questo vino non si ferma qui: l’internazionalità del gusto non trova certo impreparato il Lugana. Questo bianco, sia nella versione Spumante che in quella “base”, Superiore o Riserva, è infatti perfetto con il pesce crudo, a partire dai “tagli giapponesi” di sashimi e sushi a tutte le variazioni sul tema proposte a livello internazionale. È inoltre perfetto con salmone e tonno, e si sposa a perfezione con il “finger food” a base di pesce.

    Temperatura ideale di servizio (in bicchieri a forma di tulipano ampio per tutte le tipologie): Lugana Spumante a 8°C; Lugana “base” a 12°C; Lugana Superiore e Riserva a 14°C; Lugana Vendemmia Tardiva a 12°C.

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